I mulini a vento non solo hanno sconfitto Don Chisciotte, ma ora sembrano essere lo strumento maestro per traghettare i nostri sistemi produttivi, ancora basati sulla combustione di carbone e petrolio, verso una nuova economia alimentata da energia pulita, infinita, eolica. È proprio in questo ambito che si sta preparando la grande rivoluzione: un parco eolico off-shore produce l’energia di una moderna centrale nucleare. La capacità di questi “mulini a vento” posti in mezzo al mare si appresta ad aumentare di 15 volte, provocando investimenti cumulati per oltre 1'000 miliardi di dollari entro il 2040. Il mondo della finanza se ne è già accorto, fiutando opportunità di reddito in investimenti che sfruttano energia gratis.
Col vento e nel mare c’è tutto il potenziale per la trasformazione del sistema energetico, se si riesce ad accompagnarla da una riduzione dei costi e da politiche governative incisive nel campo delle energie rinnovabili. Secondo il rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE), estratto dal World Energy Outlook 2019, che sarà pubblicato integralmente a metà novembre, l’eolico off-shore oggi fornisce solo lo 0,3 per cento della produzione globale di elettricità, ma il suo potenziale è enorme e potrebbe arrivare a soddisfare l’intera domanda di elettricità di numerosi mercati chiave, come Europa, Stati Uniti e Giappone. A fine 2018 la capacità dell’eolico off-shore installata nel mondo era di circa 23 gigawatt, di cui 18 GW solo in Europa. Oggi la capacità di generazione nell’Unione Europea è di quasi 20 GW e dovrebbe aumentare a 130 GW entro il 2030. Se si vuole raggiungere l’obiettivo di zero emissioni, come auspicato dall’Accordo di Parigi e dagli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile, si dovrebbero raggiungere i 180 GW.
Gli investimenti per la costruzione di parchi eolici off-shore dovrebbero arrivare a 840 miliardi di dollari entro il 2040, anche se per l’AIE sarebbero opportuni interventi per un totale di 1'200 miliardi. Nel 2020 sarà completato il più grande parco eolico off-shore al mondo, l’Hornsea One, al largo delle coste inglesi: con oltre 400 chilometri quadrati avrà una potenza di 1,2 GW, più di una centrale nucleare, e potrà soddisfare i consumi di oltre un milione di famiglie, superando di gran lunga il parco di Walney, nel Mare d’Irlanda, che oggi detiene il primato nel settore. Hornsea One è il primo dei quattro parchi eolici contigui che sono già stati appalti e arriveranno ad una potenza finale di 8 GW, l’equivalente di 8 centrali nucleari. Olanda e Germania dovrebbero mettere in funzione altri cinque impianti tra il 2022 e il 2024, mentre l'Italia sarà il primo paese ad installare un parco eolico offshore al largo delle coste mediterranee, nei pressi del porto di Taranto, a fine 2020. Ma il cantiere più grande è previsto in Cina: attorno al 2025 si stima che la nazione avrà la più grande rete eolica al mondo, superando l’attuale primato del Regno Unito, con una capacità destinata ad aumentare dai 4 GW di oggi a 170 GW entro il 2025.
L’esplosione di questo mercato è stata innescata dagli enormi progressi tecnologici compiuti nell’industria del settore, soprattutto nell’ambito delle turbine galleggianti, aumentate sia in dimensione sia in potenza per sfruttare al meglio le velocità dei venti e la profondità dei fondali al largo delle coste. Le turbine di 7 megawatt impiegate ad Hornsea, con un rotore di 154 metri, sono state ampiamente superate dagli ultimi modelli progettati: la danese Vestas Wind ha prodotto una turbina da 9,5 MW. Siemens Gamesa, che nel 2018 forniva oltre il 60 per cento delle turbine, ne ha annunciata una nuova di 10 MW, mentre General Electric punta ad una di 12 MW. Di questo passo nel prossimo decennio le turbine da 12-15 MW diventeranno la regola, triplicando, se non addirittura quadruplicando, la loro potenza, con un importante calo dei costi globali d’istallazione per il basamento e i cavi da fissare sul fondo del mare. Un aspetto che rende l’eolico offshore sempre più competitivo nei confronti delle energie fossili.
Inoltre, le industrie attualmente attive nel settore degli idrocarburi (Shell, BP, etc.), intimamente minacciate dalla decarbonizzazione, saranno sempre più spinte a sfruttare il loro know how e le tecnologie sviluppate nelle piattaforme petrolifere off-shore, soprattutto per la costruzione e la manutenzione degli impianti in mare, con opportunità commerciali stimate attorno ai 400 miliardi di euro.
Nel complesso l’eolico è di gran lunga la prima fonte di energia alternativa europea con investimenti attorno ai 65 miliardi di euro spesi nel 2018: un incremento di oltre il 67 per cento per rapporto al 2017, quando si attestavano a 14,4 miliardi di euro. Il potenziale del settore è uno spunto interessante nell’asset management. È da tenere sott’occhio il colosso danese Orsted (da inizio anno il titolo si è rivalutato del 37 %): nel 2018 la società gestiva il 17 per cento degli impianti off-shore mondiali (calcolati in MW) contro l’11 per cento della tedesca E.ON. Titoli leader nel settore delle turbine galleggianti sono Siemens Gamesa (+20%), Vestas Wind (+15%) e General Electric (+43%). Nei portafogli, per chi non vuole concentrare il rischio su un singolo titolo, si può valutare First Trust Global Wind Energy ETF, il cui principale titolo è rappresentato da Vestas Wind .