“Le soluzioni iniziano dai piccoli passi che ogni individuo può compiere per modificare il funzionamento delle nostre città. Dobbiamo ridurre l’ammontare di rifiuti che produciamo, ma, allo stesso tempo, vedere i rifiuti come una risorsa preziosa che può essere riutilizzata e riciclata, anche per produrre energia”. È questo il messaggio lanciato dal Segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente.
Guterres ha lanciato un monito alle città affinché migliorino la loro gestione dei rifiuti per progredire verso un futuro urbano sostenibile. “Ben pianificate e gestite in modo intelligente, le città possono condurci verso una crescita inclusiva e uno sviluppo a basso tasso di emissioni di gas serra”, ha aggiunto il Segretario generale dell’ONU parlando dei rifiuti urbani, uno dei maggiori problemi che affliggono le città, soprattutto le grandi metropoli dei paesi a basso reddito.
I dati della Banca Mondiale sono allarmanti: nel mondo ogni anno si producono 2,01 miliardi di tonnellate di rifiuti urbani, oltre un miliardo di tonnellate in più rispetto a 30 anni fa. Se non vi sarà un’inversione di tendenza, nel 2050 si potrebbero raggiungere i 3,4 miliardi di tonnellate annue. Tanto più che lo smaltimento dei rifiuti urbani attualmente costa alle comunità circa 205 miliardi di dollari all'anno, una cifra che, sempre nel giro di 10-15 anni, potrebbe addirittura raddoppiare. Già da ora la gestione dei rifiuti è una delle voci di costo più pesanti nei bilanci delle amministrazioni pubbliche e continua a crescere con l'aumentare della popolazione.
È dunque importante agire in modo tempestivo. Da una parte è necessario aumentare i finanziamenti, soprattutto nelle aree meno sviluppate, per consentire una pratica più sostenibile della gestione del rifiuto. In quest’ottica le amministrazioni locali sono chiamate ad impegnarsi maggiormente nell’adozione di politiche di riduzione e di raccolta e smaltimento efficaci. Inoltre occorre ripensare l’intera filiera in un’ottica di economia circolare, attraverso strategie di recupero e di riciclo, in cui il rifiuto viene re-immesso in un circuito virtuoso.
Se negli Stati Uniti la pratica del riciclo sta attraversando una fase critica, con il fallimento dei programmi in alcune contee e con il rincaro dei prezzi da parte di colossi come la Waste Management, l’Unione Europea ha traguardi molto ambiziosi. Entro il 2025 l’UE vuole arrivare al riciclo di almeno il 55 per cento dei rifiuti urbani, con una progressiva riduzione delle discariche, il metodo più economico, ma anche più inquinante per smaltire i rifiuti. Attualmente la media all’interno dei 28 paesi dell’Unione Europea è di 482 chilogrammi di rifiuti annui per ogni cittadino, 47 per cento dei quali viene riciclato. La Svizzera, anche se è il terzo maggior produttore europeo pro capite di rifiuti (dopo la Danimarca e la Norvegia), con circa 730 chilogrammi per abitante, ne ricicla il 54 per cento, collocandosi nelle prime posizioni nella classifica europea, guidata dalla Germania con il 65 per cento di rifiuti urbani riciclati. L’Italia produce in media 497 chilogrammi di rifiuti pro capite e ne ricicla il 51 per cento.
L’obiettivo dell’UE è un progressivo passaggio verso un’economia circolare, dove buona parte dei materiali viene riciclata e riutilizzata più volte. I provvedimenti europei finora messi in atto dovrebbero contribuire ad affrontare tutte le fasi del ciclo della vita di un prodotto, dalla produzione e consumo alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime, e ad aumentare la circolarità in alcuni settori specifici, come le materie plastiche, i rifiuti alimentari, le materie prime critiche, la biomassa ed i prodotti a base biologica. Lo scopo finale è quello di contribuire a ricavare il massimo valore riciclabile, favorendo anche il risparmio energetico e riducendo le emissioni di gas serra.
Ma oltre ai benefici ambientali, l’industria del riciclo conviene. Per ogni euro investito, il ritorno è di otto. Ad indicarlo è uno studio pubblicato dalla Commissione europea sull’economia circolare. Nel 2016, le attività che includono la riparazione, il riutilizzo e il riciclo di vecchi oggetti destinati alla discarica hanno generato un valore aggiunto di quasi 147 miliardi di euro a livello comunitario, a fronte di investimenti di circa 17 miliardi e mezzo di euro. Nello stesso anno, l’economia circolare ha impiegato oltre quattro milioni di lavoratori, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Altri posti di lavoro saranno creati nei prossimi anni per soddisfare la domanda generata da mercati pienamente funzionanti per le materie prime secondarie. Gli ultimi studi indicano come valore non lontano dalla realtà fino a 500 mila posti di lavoro in più grazie all’economia circolare.
Da segnalare che, per quanto concerne l’industria del riciclo, la compagnia statunitense Waste Management (NYSE: WM) è, per il secondo anno consecutivo, in vetta ai Dow Jones Sustainability Indices (DJSI) 2019 per il Nord America e Mondo. Inoltre il provider di indici svizzero Stoxx ha lanciato un nuovo indice azionario globale, l’iSTOXX Global Responsibile Waste Management Select 30 Index, dove ha selezionato le migliori compagnie nell’ambito della gestione dei rifiuti. L’indice comprende 30 titoli liquidi, con bassa volatilità e un alto rendimento derivato da dividendi, delle aziende maggiormente impegnate in iniziative e programmi in tal senso.