Tutto nasce leggendo, nell'ozio di casa, un proverbio latino: "Nil volentibus arduum", che tradotto fa "a chi vuole, nulla è impossibile" e un articolo dello storico Giovanni Orsina che mette un potente riflettore sull' asimmetria tra benessere raggiunto e scontentezza: «Chi vive oggi in Italia ha avuto pace, benessere e opportunità che non trovano precedenti nella nostra storia né corrispondenza in gran parte del globo». Quindi dovremmo aver immagazzinato sufficiente ricchezza economica e maturità sociale per poter affrontare e superare, tutti assieme, un periodo di gravi difficoltà economiche. Assieme a qualche momento di solitudine, che non è indice di abbandono se accompagnato da responsabili comportamenti di tutti. Rileggiamo anche, perché no, avendone il tempo, il libro I doveri dell'uomo di Giuseppe Mazzini.
È il Covid-19 un invito, un consiglio, un ammonimento a noi uomini e donne del XXI secolo che ci troviamo a fronteggiare un imbarbarimento culturale e sociale che ci sta da qualche tempo incalzando? Abbiamo bisogno, forse lo chiediamo noi stessi, di poter contare su un numero crescente di opportunità per riflettere, per capire che cosa voglia dire essere effettivamente umani? Il Covid-19 può esserlo mettendoci a disposizione questo periodo che ci distoglie dalle comuni, consolidate, routiniere attività che riteniamo di forzata inattività. Perché allora non dedicarlo a riflettere, a considerarlo l'occasione di quella profonda rigenerazione di cui spesso diciamo di avere bisogno?
La data del 9 febbraio 2020 segna l'avvio in un percorso ignoto che, oggi, non sappiamo dove ci porterà, uno spartiacque in un contesto di inaudita gravità. Sarà ricordato con intensità partecipata maggiore di quella vissuta per la caduta del Muro di Berlino e l'attacco alle Torri Gemelle. Il fallimento Lehman Brothers, pur col suo grave impatto, è già diventato poca cosa. Ma rendiamoci conto che la paura, meglio l'angoscia, di questi giorni può creare ulteriori disagi: non è causata da un nemico fisico, non è una incombente meteorite che ci sta cadendo sulla testa. È un nemico dentro di noi e di cui dobbiamo sbarazzarci prima che si consolidi con le tante fragilità che già abbiamo.
Va evitato che questo fastidioso ma necessario controllo della circolazione si trasformi in timore di una perenne costrizione, o l'autocontrollo su certe azioni - il non poterci abbracciare o darci la mano, restare distanti - in perdita di libertà. No, i limiti della circolazione ed il forzato controllo di certe azioni non vogliono dire "costrizione" o "perdita di libertà" ma solo impegno ad una responsabilità verso tutti.
Utilizziamo questo tempo che abbiamo a disposizione a prendere atto che abbiamo vissuto nel mondo fortunato che ci ha ricordato Giovanni Orsina ed usciamone con progetti che valorizzino il passato per adeguarlo a quel futuro che i mezzi finanziari, gli attrezzi tecnologici, la maturità culturale che già abbiamo a nostra disposizione in quel cassetto che la rincorsa quotidiana al "sempre di più" ci ha fatto dimenticare, senza averne esaminato la effettiva portata.
Riscopriamo l'essenza, la sostanza di due fondamentali valori, quello del "potere" e "dell'autorità" che se non lo abbiamo dimenticato, di certo frainteso.
Riappropriamoci del "potere" come elemento di promozione della collaborazione fra gli esseri umani ad operare per il bene collettivo, della "autorità", non come titolo di merito, ma come presa di coscienza di una responsabilità e di un servizio verso gli altri.
E sia di monito, d'ora in avanti, che non sarà più permesso a chi li detiene, sia quando usurpati sia se ricevuti democraticamente, di farne ciò che vuole nei confronti degli altri cui, invece, è richiesto di rendere conto nel continuo ed in modo trasparente.
Credo che il mondo debba dire grazie alla Cina, così come l'Europa all'Italia al di fuori da ogni retorica, per il coraggio di una decisione e la determinazione con cui hanno intrapreso, e quindi indicato, una strada pericolosa in un territorio inesplorato per avviare il mondo verso un contesto di maggior sicurezza e per creare un ambiente alla fine più sicuro e resiliente di fronte a possibili, futuri, delicati eventi.
Siamo quindi, alla fine, in un passaggio che la vita ci chiede di attraversare per crescere, non per piangerci addosso. Ed è una sfida che è parte del processo di crescita economica e sociale.
E dove, ripeto, qualche giorno di solitudine è solo un comportamento responsabile non l'indizio di un abbandono.
Lino Cardarelli