Dall’installatore di impianti fotovoltaici e turbine eoliche al tecnico ambientale ed al climatologo. Dal separatore di rifiuti e dall’operatore di impianti di recupero e riciclaggio all’esperto della gestione dei rifiuti, delle acque e del sottosuolo. Ma anche il tecnico del controllo ambientale, della coltivazione biologica e della diversificazione delle colture. Senza dimenticare l’operatore dell’eco-turismo, il meccatronico green, il promotore di materiale sostenibile e lo specialista in contabilità green e in investimenti sostenibili.
Sono queste alcune delle principali figure professionali richieste dal mercato del lavoro necessarie per la transizione verso un’economia più efficiente in termini di risorse e con minori emissioni di carbonio, come auspicato dall’Accordo di Parigi e dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’Organizzazione mondiale del lavoro (ILO) ha lanciato un monito alla comunità internazionale ed ai governi nazionali affinché adottino misure adeguate alla nascita dei green job. Gli stati devono puntare soprattutto su programmi di formazione e riqualificazione professionale inclusivi, inserendoli nelle loro politiche ambientali e di lotta ai cambiamenti climatici, coinvolgendo anche il settore privato.
Nel suo rapporto “Skills for a Greener Future”, presentato alla Conferenza delle Parti aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, tenutasi dal 2 al 13 dicembre a Madrid (Cop25), l’ILO analizza le implicazioni della “transizione verde” nel mondo del lavoro, indentificando quelle professioni che richiedono lo sviluppo di nuove competenze o devono essere riqualificate in uno scenario globale che poggia le sue fondamenta sull’economia circolare e sulla sostenibilità energetica. Secondo lo studio, nell’ottica di un’economia circolare saranno creati 78 milioni di nuovi impieghi e ne spariranno 71 milioni, con un saldo attivo di 7/8 milioni di posti entro il 2030. Degli impieghi persi, 49 milioni sono ricollocabili in altri settori dello stesso paese. In una prospettiva basata sulla sostenibilità energetica, i nuovi posti di lavoro saranno 25 milioni e 7 milioni saranno soppressi, di cui 5 milioni ricollocabili. Tirando le somme, solo il 2 per cento degli impieghi è a rischio e per molti è possibile un ricollocamento, sfruttando le capacità acquisite, trasferibili nelle industrie trainanti, o attraverso una riqualifica. I settori in cui sono maggiormente ricercati i nuovi profili sono le energie rinnovabili, i beni e servizi ambientali, inclusi la gestione delle acque, dell’energia e dei rifiuti, e l’edilizia. In altri campi la transizione è più variabile e complessa, come nell’industria manifatturiera, nell’agricoltura e nella selvicoltura. Mentre nell’ambito dei trasporti, del turismo e dell’industria estrattiva esiste un grosso potenziale che deve ancora essere sviluppato.
Il dato importante è che nel futuro panorama lavorativo potrebbero essere creati oltre 100 milioni di posti (incluso il ricollocamento): una possibilità condizionata però dall’impegno delle istituzioni nazionali e regionali e del settore privato per la creazione di nuovi programmi di formazione e di riqualifica. Per far fronte alla situazione, l’ONU ha lanciato l’iniziativa “Climate Action for Job” promossa dall’ILO, che delinea una roadmap affinché il passaggio verso un’economia più sostenibile assicuri un lavoro decente per tutti. Si tratta di adottare un approccio olistico, creando sinergie tra i vari attori coinvolti nel processo: governi ed istituzioni nazionali (ministeri, municipalità, scuole ed università), partner sociali e mondo del lavoro (sindacati, cooperative, imprese, istituti finanziari) e la società civile (istituzioni accademiche, associazione dei consumatori, media ed ONG). L’ILO interverrà sia a livello globale, promuovendo il dialogo sociale e un processo negoziale per rafforzare la coerenza delle politiche internazionali sulle questioni concernenti il lavoro e l’ambiente, sia su scala nazionale e regionale, rafforzando le competenze tra i vari partner per l’elaborazione di strategie atte a creare nuovi posti di lavoro green. L’istruzione, la formazione professionale e continua dovranno essere parte integrante e sostanziale delle politiche economiche, sociali e del mercato del lavoro. Sarà inoltre essenziale il coordinamento con politiche sostenibili a livello macroeconomico, industriale ed imprenditoriale, compresi gli incentivi per lo sviluppo delle conoscenze e la trasformazione tecnologica e digitale.
Ma per rispondere alle esigenze formative sono necessari ingenti investimenti sia a livello finanziario sia a livello di know how. Per questo motivo l’ILO mira al potenziamento del partenariato pubblico-privato, in modo da catalizzare ed incoraggiare approcci diversificati ed innovativi per il finanziamento della formazione continua e per rafforzare un sistema di istruzione di base, tecnica e professionale sia da parte degli istituti scolatici sia all’interno delle imprese, capaci di impartire conoscenze e abilità tecniche specifiche per una formazione di alta qualità.
La necessità di investire nell’istruzione e nella formazione professionale diventa sempre più impellente, e segno di lungimiranza, nel contesto odierno, teatro di cambiamenti epocali, non solo a causa della transizione verso la green economy, ma anche per rispondere alle trasformazioni dovute all’automatizzazione, alla digitalizzazione, alla crescita demografica e alla globalizzazione: si tratta di megatrend con un grande impatto sociale, soprattutto sul mercato del lavoro, dove sono richieste nuove figure professionali, costantemente sottoposte all’esigenza di un aggiornamento continuo per adeguare le competenze e le conoscenze.